le differenze…


Pensavo stasera (poi il post comparirà mentre voi andrete a cena nel giorno successivo) alle differenze fra Stati Uniti e Italia.
Pensavo, nella difficoltà costante di racimolare energie per contrastare il sonno del jet lag che arriva troppo presto e termina ancor più presto, che si può discutere quanto si voglia nel merito, si può dire, fare, insultare, ovviare e chiosare ma la differenza sostanziale che c’è, al netto della condizione sociale e del livello di istruzione è che loro sono una nazione vera mentre noi, da vent’anni a questa parte, siamo diventati un insieme di tribù. E non sto dicendo che loro/noi siamo migliori o peggiori, no, sto solo cercando di esprimere un’impressione che dopo lungo osservare mi si palesa come marmo su cui scrivere.

Perchè dopo un anno di vita passata nel mondo a stelle e strisce, pur continuando ad osservare e a rimanere nei ranghi in qualità di ospite, uno inizia a capire i pro e i contro di questo luogo, inizi a capire i meccanismi, i limiti del sistema, il sogno latente e tutto quell’insieme di sterotipi che pevadono il tempo passato oltre oceano e che cozzano con la realtà ma che, di fondo, generano paragoni ovvi e , in alcuni casi, decisamente avvilenti. Possiamo sfociare in mille assiomi, in tante variabili, in mille rivoli e pensieri ma c’è qualcosa che li lega e che è a prescindere dal clima, dalla latitudine, dalla morfologia, dal substrato economico e dal reddito.
Loro sono “Americani”. Stupido vero? Non proprio.

Loro, nell’accezione pura del termine, sono da considerare, o almeno questo è ciò che precepisco, dei veri cittadini e lo sono sempre, in ogni momento, non lo dimenticano mai, nel bene e nel male. Loro si consolano, si stringono nei simboli, con la bandiera, le preghiere, la mano sul petto, loro si aggregano, si sostengono, si autoreferenziano magari ma sono uniti, terribilmente uniti come nazione. Nonostante la pensino in modo diverso, fra le due grandi flange politiche, sono comunque coesi e non metteranno mai in discussione la Nazione, qualcosa che è superiore all’individuo.
Sono cittadini veri, gente che partecipa ai diritti e ai doveri del proprio stato in constanza di rendimento. Nel bene e nel male.

Noi, ahimè, siamo invece diventati una massa disordinata e informe che arroga diritti rinnegando doveri e che diritti e i doveri li gestisce solo in funzione della convenienza. Siamo biologicamente attivi ma solo per autodistruggere quello che avevamo, siamo solo violento spreco di energia senza fine alcuno. Noi ci aggrediamo e non ci aggreghiamo, ci urliamo invece di sussurrarci pietà e vergogna per aver tollerato e subito senza reagire. Siamo divisi in squadre che fanno tifo, senza più pensare al collettivo ma solo all’individuo. E i figli vengono rinnegati dagli amici e dagli amici degli amici. I figli di tutti.

Così l’ “IO” diventa regola, la legge, il verbo.
Il NOI diventa un’aggiunta, una propaggine inesistente, quasi fastidiosa all’IO.
Il “NOI” qui è vasto, immenso in alcuni casi, senza distinzione di status, da noi diventa sempre più ristretto, è simbolo di microcomunità , di pensieri contorti e disordinati, di dissenso che preclude e che fa diventare nemici.
Siamo gli uni contro gli altri, non ci rispettiamo e usiamo la città o lo stato solo per fare gazzarra in caso di quelle buffe competizioni da gladiatori che ci fanno girare, se capita, sulle auto d’estate con le bandiere.
Inutili sfoghi per diuturna repressione.

Il fine unico è perso, la comunità è persa. Siamo come gramigna che si espande e che trova ogni giorno una contromisura all’unità etica, col microcosmo personale da proteggere. Noi siamo razzisti, piazzisti, sessisti, qualunquisti, benaltristi, economisti, esperti di qualsiasi cosa meno che della nostra stessa cittadinanza.
La consideriamo acquisita per default.
Invece, proprio perchè non sappaimo più cosa significhi il default lo rischiamo.

Come nazione, come cittadini e ahimè anche come uomini.