la parola che non si dice


E’ lungo, lo so, ma credo che la crisi di valori che stiamo attraversando sia veramente epocale, davvero, e che delle considerazioni debbano esser fatte.
E lo dico con una profonda consapevolezza: io non ho mai vissuto nulla di simile prima.

Anche solo prendendo esempi recenti e noti a tutti, come i genitori che picchiano i professori, i primari che fanno festini e che chiudono interi reparti o quei ragazzi che stuprano e che si vantano di farlo. E si potrebbe chiosare con le lolite che si prostituiscono per le unghie laccate o i dirigenti che si dilettano a smistare mazzette. Cosଠcome oggi, mai. Altro che mani pulite. Siamo sporchi dentro.

E’ ovunque, in ogni settore, generalizzata per carità , ma offre spunti e picchi di rilievo in forme paradossali, migliori delle peggiori parodie ed il grottesco è dalla sanità alla giustizia, dal fisco alle regole, dalla stampa alla tv. Per non parlare dei social, di questi “non luoghi” dove si dice tutto e il contrario di tutto. Come faccio io ora, si potrebbe dire. Con una semplice differenza: io uso i miei pensieri e non urlo quelli degli altri.

A livello locale poi siamo semplicemente imbarazzanti.
Nel nostro piccolo, abbiamo consegnato la città ad un signore che un organismo dello stato (la Corte dei Conti) ha già sancito non essere propriamente un buon amministratore, abbiamo consegnato poltrone e ruoli a parenti, amici e fidanzati e, sulla base di ciò, abbiamo raccontato, dimostrato e supportato che questa forma di distribuzione e assunzione del potere è giusta, è frutto della democrazia e della dialettica e non c’è nulla di cui scandalizzarsi o preoccuparsi. Figuriamoci se ci dovessimo preoccupare di eventuali conflitti di interessi, magari osservando epserimenti già provati e miseramente falliti. Giammai.

Abbiamo inoltre raccontato e formalizzato che senza “connections” non si ottiene nulla e lo abbiamo addirittura utilizzato come motivo di propaganda, in pratica abbiamo detto al popolo che vota: “signori votate noi che queste connessioni le possediamo e che, proprio per questo, siamo migliori degli altri”.

Mi spiego: ragionandoci, a livello locale, la logica imporrebbe che i risultati delle elezioni portino alla formazione di una “governance” idonea a rappresentare il popolo, idonea a risolvere i problemi del popolo stesso.
Votiamo gente a cui deleghiamo il nostro futuro e questa gente, nella generalizzazione più comune, invece costruisce e consolida il proprio.

In pratica, e dico qualcosa che qualcuno potrebbe ritenere un sacrilegio, abbiamo normalizzato il concetto, il pensiero ed il modus operandi di altre organizzazioni, chiamate con altri nomi. Si, quel termine che non si dice mai, soprattuto in ambito istituzionale, che deriva dalla voce siciliana col significato primitivo di baldanza, di spocchia. Ecco, la spocchia. Negli ultimi 5 anni era in ogni dichiarazione. Ci si poteva fare il festival, della spocchia.

Ma quel termine, quello che non si dice, identifica letteralmente una organizzazione, (criminale nel caso di quella vera), suddivisa in più associazioni (cosche o famiglie), rette dalla legge dell’omertà e della segretezza, che poi esercitano il controllo di attività economiche (illecite) e del sottogoverno.

Ora, se facessi riferimento alla definizione di cui sopra, non è un’eresia quella che sto scrivendo, perchè le elezioni danno vita a strutture che negli ultimi lustri son servite solo a distribuire il potere in più associazioni, (i partiti, di norma), retti da leggi interne e da accordi segreti, che servono, sostanzialmente, per esercitare il controllo delle attività economiche locali per fini che difficilmente porteranno a risultati godibili dal popolo.

Nonostante le promesse, nonostante il “genio” dei leaders che la democrazia ci impone, nonostante le tecnologie che potrebbero aiutarci e i sistemi di comunicazione di massa, miglioramenti sistemici non se ne vedono. Anzi, analiticamente tutto peggiora. E filosoficamente compaiono altri interrogativi: che senso ha avere una vita più lunga con una qualità della vita pessima?

Ecco perchè dico da anni che bisogna cambiare radicalmente il sistema. Questo ormai non funziona più. Serve a pochi e quei pochi si replicano in funzione del potere che assorbono e alle leggi che cambiano.

E questi valori, etici e intellettuali stanno per svanire o sono perduti totalmente proprio in funzione del fatto che non facciamo più caso al risultato, tipo la scuola che deve produrre buoni cittadini o lo stato che produce servizi.
No, decisamente.
Non facciamo più caso a ciò che dovrebbe essere e che invece non è.
E questo, prima, non l’avevo mai visto.